Rapporto AlmaLaura 2016. "26 anni l'età media della laurea. Aumentano i laureati disposti a lasciare l'Italia per cercare lavoro o specializzarsi

di redazione 16/05/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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Ci si laurea a circa 26 anni, un anno in meno rispetto al trend di dieci anni fa. Ma ci si iscrive all’università con 1,5 anni di ritardo dopo aver conseguito il diploma di scuola superiore. Lo rende noto l’indagine sul profilo laureati 2016 di AlmaLaura, presentata a Parma nel corso del convegno “Università e Skill nella seconda fase della Globalizzazione”, alla presenza del ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli.

L’età media alla laurea per il complesso dei laureati del 2016 è pari a 26,1 anni: 24,9 anni per i laureati triennali, 26,9 per i magistrali a ciclo unico e 27,5 anni per i laureati magistrali biennali. Il dato del Rapporto di AlmaLaurea tiene conto anche del ritardo nell’iscrizione al percorso universitario (ritardo rispetto alle età “canoniche” dei 19 anni per la triennale e il ciclo unico e di 22 anni per la magistrale biennale), che tra i laureati del 2016 in media è pari a 1,5 anni.

L’età alla laurea è diminuita rispetto alla situazione pre-riforma e continua a diminuire negli ultimi anni: l’età media era infatti 27,1 anni nel 2006, di un anno più elevata rispetto alla situazione attuale.

È interessante notare come la quota dei giovani accademici pronta a partire, oggi, sia pari al 49 per cento: era il 38 per cento nel 2006. Un laureato su tre non ha problemi a trasferirsi in un altro continente, uno su quattro accetta spostamenti frequenti. Il 52 per cento si dice disponibile a trasferire anche la residenza. Solo il 3 per cento dei laureati analizzati, quota residuale si vede, è indisponibile a qualsiasi tipo di trasferta.
 
A cinque anni dalla laurea lavora all'estero il 7 per cento dei magistrali di cittadinanza italiana, valore in lieve aumento nell'ultimo triennio. Chi decide di spostarsi fuori per motivi lavorativi, in genere, ha avuto voti agli esami migliori e studi più regolari. Sempre a cinque anni di distanza, oltre l'80 per cento degli occupati all'estero è occupato in Europa: il 19 nel Regno Unito, il 12 in Svizzera e in Germania, il 10 in Francia, il 6 in Spagna. Le retribuzioni medie percepite sono notevolmente superiori a quelle dei lavoratori di pari titolo rimasti in Italia: i laureati magistrali emigrati guadagnano, a cinque anni dalla fine studi, 2.202 euro mensili netti: più 64 per cento rispetto ai 1.344 euro dei colleghi rimasti a casa.
 
 In generale - e questo è un mantra dei lavori di approfondimento del Consorzio interuniversitario Almalaurea - "laurearsi conviene". Con la crescita del livello del titolo di studio posseduto, diminuisce il rischio di restare intrappolati nell'area della disoccupazione. I laureati godono di vantaggi occupazionali significativi rispetto ai diplomati di scuola secondaria superiore: nel 2016 il tasso di occupazione della fascia d'età 20-64 anni è il 78 per cento tra i laureati contro il 65 per cento di chi è in possesso di un diploma. Nel 2012 un laureato guadagnava il 42 per cento in più rispetto ad un diplomato: in Germania il premio salariale sul diploma è del 58 per cento, in Gran Bretagna del 48 per cento, ma siamo un punto sopra la Francia.
 
Tirocini ed esperienze di lavoro. Il 56 per cento dei laureati ha compiuto un'esperienza di tirocinio o stage (era solo il 44 per cento nel 2006), ma la lunga crisi economica ha abbassato di dieci punti (dal 75 per cento al 65) la quota di chi ha fatto esperienze di lavoro durante gli studi. Sei laureati su cento hanno conseguito la laurea lavorando stabilmente (lavoratori-studenti), 59 su cento sono studenti-lavoratori occasionali.
 
Aver compiuto un periodo di studio all'estero con programmi europei aumenta le chance occupazionali del 12 per cento, i tirocini fanno crescere le occasioni dell'8 per cento e aver lavorato, anche solo sporadicamente, durante gli studi addirittura del 48 per cento. Trascorrere un periodo di studio all'estero o svolgere un tirocinio curriculare, a parità di condizioni, non solo non comporta ritardi nella conclusione del percorso universitario, ma "influenza positivamente la probabilità di ottenere elevate votazioni alla laurea".
 
Per quanto riguarda il background formativo dei laureati 2016, si registra una netta prevalenza dei diplomi liceali (67 per cento, si sale all'83 per chi ha realizzato l'intero ciclo di laurea). In particolare, il 44 per cento ha conseguito un diploma scientifico. Quindi, il 19 per cento ha preso il diploma tecnico, il 16 per cento il classico e l'8 per cento la Maturità pedagogico-sociale. Soltanto il due per cento dei laureati ha un diploma professionale e questi sono i numeri dei laureati - due per cento - per chi ha una formazione artistica.
 
Restano decisive, per arrivare al titolo superiore, le origini familiari: in facoltà c'è "una sovra-rappresentazione" dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale. I laureati con almeno un genitore in possesso di un titolo universitario sono il 29 per cento.
 
 L'età media alla laurea per il complesso dei laureati 2016 è pari a 26,1 anni: 24,9 anni per i laureati triennali, 26,9 per i magistrali a ciclo unico e 27,5 anni per i laureati magistrali biennali. Il ritardo nell'iscrizione al percorso universitario, in media, è pari a un anno e mezzo. L'età di laurea è diminuita in misura apprezzabile rispetto alla situazione pre-riforma e continua a diminuire nelle ultime stagioni: la media nel 2006 era infatti di 27,1 anni, uno in più.
 
Se nel 2006 concludeva gli studi in corso il 34 per cento dei laureati, nel 2016 la percentuale ha raggiunto il 49 per cento. Se dieci anni fa a terminare il ciclo con quattro o più anni fuori corso erano venti laureati su cento, oggi si sono quasi dimezzati. Il voto medio di laurea è sostanzialmente immutato: 102,5 su 110 nel 2016. L'88 per cento dei laureati è soddisfatto dell'esperienza universitaria.
 


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